L'ignoto ovvio

Qualche giorno fa, sulla mia bacheca è comparsa questa interessante infografica prodotta dalla pagina Facebook di Percorsi Informativi 0-6. Raccoglie, suddividendole per fasce di età, le indicazioni divulgate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per garantire una crescita armonica dei bambini nei loro primi anni di vita.
Dopo un primo entusiasmo per una informazione così esplicita, ho iniziato a riflettere sui contenuti. O meglio, sull'esigenza di produrli. Perché davanti all'indicazione di garantire, per esempio, almeno 3 ore di attività motoria ai bambini tra i 3-4 anni (ma lo stesso dicasi per qualunque altro punto enumerato), la prima domanda che sorge è

che tipo di società incarniamo se abbiamo bisogno che sia un ente esterno, sovranazionale, a dirci che dei bambini hanno bisogno di muoversi?

La domanda, oltre che lecita, non è affatto superflua. Oggi si parla sempre più spesso dei problemi fisici, cognitivi ed emotivi in età evolutiva legati alla mancanza di movimento e di esperienza, soprattutto, all'aria aperta e a contatto con la natura. Ma un'infografica di questo genere ci dice che siamo andati anche oltre. Non solo stiamo negando ai bambini di vivere in una società ed in un contesto ambientale che garantisca loro le condizioni minime, ovvie (ovvie?), per uno sviluppo armonico. Quello che l'OMS ci sta dicendo è attenzione, perché di cosa abbia bisogno un bambino ve lo siete proprio dimenticati e opere di divulgazione di questo genere nasce per riportarci sulla retta via. La domanda successiva allora diventa: cosa ne può essere di una specie che, pur giustificandosi col turbinìo della sopravvivenza (economica), si "dimentica" di come tirare su i propri discendenti? Cosa ne può essere di una specie portatrice di una società che promuove degli stili di vita addirittura incompatibili con le esigenze di cresciuta dei suoi piccoli, ovvero del suo stesso futuro?

Un altro aspetto mi colpisce. Infografiche di questo genere sono diffuse anche riguardo la relazione uomo-animale. I social ne sono pieni e spaziano dai bisogni sociali del cane a quelli di esplorazione, dall'uso corretto di strumenti di contenimento (pettorine, guinzagli, ecc.) a quelli di toelettatura e tutti hanno come fine ultimo quello di divulgare informazioni di base che dovrebbero far parte del bagaglio conoscitivo di qualunque essere umano che viva accanto ad un animale.

Un tempo nemmeno troppo lontano uomo e animali si incontravano su un terreno condiviso. L'uomo incontrava il cane o il gatto nel loro "essere" cane e gatto, in un ambiente che ospitava pariteticamente le istanze di entrambi. Oggi, invece, gli animali sono inseriti forzatamente in un ambiente a misura esclusivamente umana, caotiche città per i cani, desertici appartamenti per i gatti e quello che riusciamo a sperimentare di loro è un pallido miraggio rispetto alle loro reali caratteristiche di specie. Così ci vengono in soccorso le infografiche dei social, a tentare di ricordarci la natura viva di questi individui, la loro specificità, quell'universo di altro-mondo che richiedono per restare sani.

Ma allora, Sonia, sei contraria alle infografiche?

La sento già arrivare questa domanda, sebbene il punto del mio intervento sia un altro. No, non sono affatto contraria e le condivido spesso. Ma non posso evitare di riflettere sulla loro genesi, sul sintomo che rappresentano e su cosa si potrebbe fare per ridurne l'urgenza, al di là che nel breve periodo possano rappresentare un mezzo efficace per fare corretta, seppur parziale, informazione.