Il legame del gatto alla casa

Il gatto si affeziona alla casa, non alle persone.

Quante volte lo abbiamo sentito dire?
E quante volte, come gattofili, ci siamo sentiti di testimoniare che non fosse propriamente corretto. Perché il gatto si lega alle persone eccome. Andrebbe riformulato in:

Il gatto si affeziona alla casa e anche alle persone

Meglio.

Eppure a me ha sempre affascinato di più la prima parte di questo luogo comune, forse perché meno ovvio, meno esplicito, meno auto-riferibile

Il gatto si affeziona alla casa

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Che significa? E che influenza ha nella nostra relazione con lui?
Intanto c’è da dire che questo detto trae le sue origini dal mondo rurale, da quella cultura contadina che vedeva i gatti come satelliti della proprietà, utili a tenere sotto controllo le popolazioni di topi e roditori ma difficilmente considerati referenti sociali, cioè parte di una relazione a due. I nostri nonni e bisnonni hanno sicuramente avuto modo di osservare più e più volte come, una volta insediatosi in una proprietà, fosse quasi impossibile allontanare o perdere un gatto. Anche quando si dedicava a momenti di esplorazione al di fuori dei confini della proprietà, ad un certo punto lo si vedeva sempre tornare a riposare nel fienile, nel pollaio, nella legnaia o nel posto che aveva eletto come suo rifugio. Andava e tornava come più gradiva ma con maniacale regolarità. Nel periodo degli amori poteva assentarsi per più giorni ma, stanco ed emaciato, prima o poi faceva capolino ad elemosinare un po’ di latte o a stanare qualche topolino troppo vecchio o troppo ingenuo.
Scelto un territorio come suo, il gatto ci orbitava stabilmente e accadeva anche che, pur allontanato di peso e per chilometri di distanza, fosse in grado di tornare da solo dopo qualche giorno. I nostri nonni hanno probabilmente anche potuto notare come i gatti fossero impermeabili ai cambiamenti del nucleo familiare: se la proprietà veniva ceduta, loro continuavano a stare lì, semplicemente adattandosi alla nuova situazione.

Dunque è vero, il gatto si affeziona alla casa.
Lo fa perché è nel suo DNA. Lo fa perché è nel suo repertorio comportamentale innato eleggere un luogo all’interno del suo territorio come tana, come “base sicura”, a cui tornare con regolarità per riposare, rigenerarsi, defaticare. Questo significa che tutti i gatti nascono con l’istinto di tornare a quella che percepiscono come la loro “casa” dopo un periodo di attività. Tutti, indiscriminatamente.
E’ un comportamento che si può osservare sin dalle primissime settimane di vita quando i gattini, ancora sotto le cure materne, si allontanano gradualmente dalla gatta per giocare o esplorare e poi tornano al centro del nido dove riposano aggrovigliati fra loro o poppando al seno. Una volta cresciuti, questo meccanismo non si perde ma si amplifica, estendendosi all’ambiente fisico in cui il gatto vive.
I gatti nascono con questa aspettativa che esista un posto dove cercare ricovero, conforto, calore, piacere e accoglienza dopo aver pattugliato il territorio circostante. Per i gatti di famiglia, questo posto coincide, grosso modo e se la relazione è stabile, con la casa dei proprietari. Ecco perché, anche se viene concesso loro di uscire, i gatti tornano sempre a casa. E lo fanno spontaneamente, senza bisogno di richiami o altri sistemi di contenimento. A volte riappaiono alla porta dopo mezz’ora, a volte dopo tre, quattro ore - dipende da quanto è interessante stare fuori! - ma ad un certo punto, anche solo per rifocillarsi e staccare mentalmente, rientrano. E’ un imperativo biologico per loro, un bisogno psicofisico prima ancora che una scelta volontaria. E’ un comportamento innato e si manifesta quindi anche in gatti che non hanno mai fatto esperienza dell’esterno ma ad un certo punto, da adulti, hanno la possibilità di uscire.

E’ da questo repertorio biologico che nasce l’osservazione empirica secondo cui “il gatto si affeziona alla casa”. E’ davvero, dal punto di vista del gatto, una relazione affettiva, nei termini di Pasksepp.
Quello che i nostri nonni e bisnonni non sapevano, semplicemente perché la società rurale non si era data la possibilità di viverlo e, quindi, di osservarlo, era che il gatto riesce a coltivare relazioni affettive anche con le persone e che la solidità di queste relazioni condizionano parimenti la sua qualità di vita e il suo benessere. Quanto un gatto stia bene su un dato territorio non dipende solo dalla disponibilità di una casa o solo dalla convivenza con una o più persone ma dall’equilibrio psico-fisico che la rete di relazioni tra ambiente e persone riesce a garantire. Accogliete un gatto, fornitegli un ambiente che sia all’altezza delle sue necessità psichiche e fisiche, impegnatevi in una relazione aperta e leale e non avrete bisogno di legarlo a voi con artefici e sotterfugi perché sarà lui a scegliervi, ogni santo giorno.

Bibliografia
Gallino, T.G. (2007). Luoghi d’attaccamento. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Kristyn R. Vitale, Alexandra C. Behnke, Monique A.R. Udell, Attachment bonds between domestic cats and humans, Curr Bio Vol. 29-18, Sept 23 2019